Dal 1929 in poi, la Biblioteca del Vaticano reclutò alcune giovani laureate, prima volta per lo Stato pontificio.
L’esperienza fu positiva, ma il progetto si concluse dodici anni dopo, durante la guerra. Oggi, più del 50% del personale della Biblioteca Vaticana è costituito da donne, molte delle quali ricoprono ruoli dirigenziali
Tutto ebbe inizio con un viaggio in America nel 1927, quando Eugène Tisserant trascorse quasi tre mesi in giro per le più importanti biblioteche degli Stati Uniti, intento a vedere le enormi innovazioni bibliotecarie che avevano preso piede in Nord America.
Tisserant tornò con il progetto di trasformare l’antica Biblioteca Vaticana in una biblioteca orientata all’utente: catalogo, servizio di consultazione, rapidità di ordinazione, scaffali ben organizzati, ampia sala di lettura. Un deposito sicuro per libri rari e manoscritti e l’accesso agli studiosi come prima – anche questo, certamente.
Ciò che il colto sacerdote aveva registrato anche nelle biblioteche americane erano le donne. Donne studiose che lavoravano come bibliotecarie. Questo non avveniva in Vaticano. Ma il 1929 fu l’anno dell’innovazione nello Stato del Papa. I Trattati Lateranensi garantirono al Pontefice l’indipendenza territoriale dall’Italia e portarono a un boom edilizio e a un’ondata di innovazione che in Vaticano non si era vista dal Rinascimento. Innovazioni del tutto in linea con i gusti dell’erudito Papa Pio XI; lo stesso Achille Ratti era stato prefetto della Vaticana negli anni 1914-1918. Ora disse “sì” a tutti i cambiamenti e “sì” alle prime “signorine”, come venivano chiamate, nella sua biblioteca modernizzata. La prima donna laureata ad approdare in Vaticano fu la medievalista francese Jeanne Odier nell’ottobre del 1929.