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Agribusiness, Intesa Sanpaolo analizza la filiera vitivinicola italiana

Affrontare l’incertezza del contesto come opportunità può rappresentare in questa fase la strategia più efficace per le 7.000 imprese del settore vitivinicolo clienti della Direzione Agribusiness. Per loro, infatti, emerge la necessità di adottare nuovi modelli di business, investire in sostenibilità e sviluppare strategie innovative di crescita. Scelte che Intesa Sanpaolo supporterà stanziando 1,5 miliardi di euro per le aziende del comparto, strutturando percorsi di investimento nei più svariati ambiti quali coltivazione, trasformazione, invecchiamento, tracciabilità e commercializzazione.

Si tratta di imprese in gran parte di piccole dimensioni, circa l’84%, mentre il restante 16% è composto da imprese di medio-grandi dimensioni. La distribuzione geografica abbraccia l’intero territorio nazionale, con una concentrazione superiore al 60% nelle regioni a più alta vocazione vitivinicola tra cui: Toscana, Umbria, Veneto, Sicilia, Piemonte, Lazio, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia.

Con 250 punti operativi, di cui 95 filiali specializzate, e circa 1.100 specialisti, la Direzione Agribusiness offre supporto a oltre 80.000 clienti con servizi mirati su internazionalizzazione, sostenibilità, innovazione digitale e passaggio generazionale.

Report del Research Department – A cura di Stefania Trenti, Head of Industry and Local Economies

Nel 2024 l’Italia ha riconquistato il primo posto a livello mondiale nella produzione di vino: con 44 milioni di ettolitri prodotti ha recuperato la caduta della produzione del 2023, causata da eventi atmosferici estremi che hanno alimentato la diffusione della peronospora. La vendemmia 2024 ha mostrato un buon recupero, registrando un +15%, pur collocandosi al di sotto del 6% rispetto alla media dei 5 anni precedenti. In termini di export, l’Italia si posiziona al secondo posto nel mondo con una quota di mercato in valore del 22%; mentre al vertice c’è la Francia con una quota di mercato del 34,5%; in quantità, invece, l’Italia pesa per il 21,7% e viene superata di poco dal 22% della Spagna.

Il 2024 si è chiuso con 8,1 miliardi di euro di esportazioni di vino italiano, ovvero un +5,5% rispetto al 2023 Per il vino, il primo mercato di destinazione sono gli Stati Uniti, con oltre 1,9 miliardi nel 2024 (+10,2% rispetto al 2023). Seguono Germania (quasi 1,2 miliardi, +3,7%) e Regno Unito (851 milioni, +1%). Per il settore agro-alimentare nel suo complesso, le esportazioni nel 2024 sono cresciute dell’8,3% a prezzi costanti, portandosi a quota 67,5 miliardi di euro.

Ma è soprattutto in termini di biodiversità che l’Italia ha il proprio primato: infatti, secondo uno studio dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (Oiv), il 75% del vitigno nazionale è coperto da ben 80 vitigni autoctoni; segue il Portogallo con 40 vitigni, mentre Francia e Spagna si fermano a 15. Questa biodiversità si traduce in un altro vantaggio per l’Italia, che è il Paese europeo con il maggior numero di certificazioni Dop/Igp: ben 528, mentre la Francia si ferma a 442.

L’impatto dei dazi statunitensi può essere rilevante: la filiera del vino che è tra quelle più esposte verso il mercato americano, con circa un quarto delle esportazioni indirizzate oltreoceano. Tuttavia, secondo una survey interna condotta da Intesa Sanpaolo sugli specialisti che supportano le filiali nei processi di internazionalizzazione, tra le reazioni che le imprese stanno valutando, circa la metà dei rispondenti indica la ricerca di nuovi clienti in nuovi mercati, e un terzo indica la possibilità di aprire filiali commerciali o produttive negli Usa. Si rileva anche un certo attendismo nel posticipare le tempistiche degli investimenti, e un 20% circa indica anche l’eventualità di rivedere i listini per il mercato statunitense.

Un quarto dei rispondenti riscontra, invece, un’accelerazione delle consegne e delle vendite negli Stati Uniti per anticipare l’entrata in vigore dei dazi. Nel primo trimestre del 2025, le esportazioni di vino italiano verso gli Usa sono cresciute del 12,5% tendenziale in valore, meglio di quanto realizzato dalla Francia, +11,4%, e dalla Spagna, +3,2%. In quantità l’incremento è del 3,8%, contro un +4,8% della Spagna, mentre la Francia ha registrato un calo: -3,2%.

Tra i punti di attenzione, va ricordata la frammentazione del settore vitivinicolo: i produttori italiani sono di più piccole dimensioni rispetto ai competitor internazionali; il 35% delle aziende vitivinicole italiane ha meno di 5 ettari, mentre in Francia sono solo il 7%, e questo comporta una maggiore difficoltà a fare sistema. Emerge anche un tema di passaggio generazionale: circa il 10% delle aziende vitivinicole italiane ha un board composto esclusivamente da over 65, mentre solo il 5% è condotto interamente da under 40. I risultati delle imprese amministrate da giovani sono migliori sia in termini di crescita del fatturato, che di redditività.

Altri punti di cui tener conto sono la concorrenza dei principali competitor internazionali, i consumi in calo che portano alla necessità di intercettare o stimolare nuove fasce di consumatori, il cambiamento climatico che sta modificando la geografia dei paesi produttori di vino spostandosi sempre più verso nord mentre i territori del sud sono sempre più a rischio desertificazione.

Sempre secondo i risultati di una survey condotta dalle filiali specializzate nell’Agribusiness, la filiera del vino risulta tra le più impattate dai rischi derivanti dagli eventi atmosferici. Investire in innovazione può rivelarsi strategico, puntando sulla selezione di vitigni più resistenti e sfruttando le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dalla robotica.

Ancora grandi opportunità potranno venire dai mercati esteri, dove il vino italiano è già molto apprezzato ma mostra ancora potenzialità, ad esempio in Cina dove ad oggi dominano i prodotti francesi. L’enoturismo è in crescita, grazie anche alla capacità di stimolare nuove occasioni di consumo attraverso il legame con il territorio.

 

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