Nel corso della riunione sulla politica monetaria,il Consiglio della Banca Centrale del Cile ha deciso di ridurre il tasso di interesse della politica monetaria di 25 punti base, fino al 5%, lo riferisce l’Ice di Santiago.
A sostegno di questa decisione é stato preso in considerazione che l’attività negli Stati Uniti ha continuato a mostrare resilienza e il mercato del lavoro, al di là di una certa volatilità negli ultimi dati, ha continuato il suo processo di aggiustamento. In ambito esterno risalta l’aumento dell’incertezza, con focus su fattori quali le attuali tensioni belliche, i timori sulla situazione fiscale globale, l’impatto di una possibile riconfigurazione del commercio internazionale, oltre ai dubbi sulle politiche che verranno adottate dal nuovo governo degli Stati Uniti.
I mercati finanziari hanno reagito a questa maggiore incertezza con aumenti dei tassi di interesse a lungo termine e un rafforzamento del dollaro. Per quanto riguarda le materie prime, il prezzo del rame è sceso a circa 4 dollari la libbra, influenzato dalle prospettive in Cina e dall’evoluzione del dollaro. Quest’ultimo ha ridotto anche il prezzo del petrolio, influenzato anche dalle aspettative di una minore domanda globale e da alcune notizie favorevoli sull’offerta. Il mercato finanziario locale si è adattato alle tendenze internazionali. Pertanto, rispetto all’ultima riunione, i tassi di interesse a breve e lungo termine, con alcune oscillazioni, sono leggermente più alti e il peso si è deprezzato intorno al 6%, in un contesto di apprezzamento globale del dollaro. I tagli del Tpm (tasso di politica monetaria) hanno continuato a influenzare i tassi di interesse dei prestiti delle banche al consumo e commerciali. Il credito bancario resta debole, soprattutto nella sua componente commerciale. L’attività nel terzo trimestre è stata in linea con quanto previsto nel Rapporto di Politica Monetaria di settembre, anche se la domanda interna è cresciuta meno del previsto. I consumi privati hanno mostrato un debole dinamismo in quel periodo, mentre gli investimenti hanno continuato a rappresentare un’importante differenza tra il settore minerario e il resto dell’economia. Il tasso di disoccupazione si è attestato all’8,6% nel trimestre in movimento terminato ad ottobre, tuttavia, i salari sono aumentati in modo significativo negli ultimi mesi. A novembre, la variazione annua dell’Ipc totale e sottostante (Ipc senza elementi volatili) è stata rispettivamente del 4,2 e del 4,0%. Tali cifre hanno superato quanto previsto nel Rapporto di settembre, soprattutto nelle componenti sottostanti, sia beni che servizi. Le recenti dinamiche inflazionistiche sono state influenzate dall’aumento congiunto di diversi fattori di costo, tra cui spiccano il deprezzamento del peso, l’aumento del costo del lavoro e l’aumento delle tariffe elettriche. Per quanto riguarda le aspettative di inflazione nel biennio, l’Economic Expectations Survey (Eee) e l’Economic Expectations Survey (Eee) e l’Economic Operators Survey (Eof) si attestano intorno all’obiettivo del 3%. Le prospettive di inflazione a breve termine sono diventate più impegnative a causa delle maggiori pressioni sui costi che, nello scenario di proiezione centrale del Rapporto di dicembre, faranno oscillare l’inflazione intorno al 5% durante la prima metà del 2025. Tuttavia, nel medio termine termine, la maggiore debolezza della domanda interna attenuerebbe le pressioni inflazionistiche. Pertanto, se le ipotesi dello scenario centrale del Rapporto di dicembre si concretizzassero, il Tpm seguirà un percorso decrescente nell’orizzonte politico. Il bilancio dei rischi per l’inflazione è sbilanciato al rialzo nel breve termine, il che evidenzia la necessità di cautela. Ciò significa che il Consiglio accumulerà informazioni sull’andamento dell’economia per valutare l’opportunità di ridurre IL Tpm nei prossimi trimestri. Il Consiglio riafferma il suo impegno a condurre la politica monetaria con flessibilità, in modo che l’inflazione prevista sia del 3% nell’orizzonte di due anni.