“La crescita dell’economia della Cina ha oramai da tempo abbandonato ritmi a doppia cifra. Se tale rallentamento è in parte fisiologico per via del livello di sviluppo del sistema, la reale crescita attuale, ancorché stabile, è condizionata da fattori quali domanda e consumi interni molto contenuti” è la risposta dell’Ambasciatore d’Italia presso la Repubblica popolare cinese, Massimo Ambrosetti, alle domande rivolte durante la nostra intervista su realtà internazionale attuale, economia cinese e relazioni con l’Italia.
E sui dazi l’Ambasciatore esorta: “L’’esigenza di un riequilibrio dei rapporti economici mondiali rimane prioritaria”.
L’economia della Cina mantiene una crescita stabile nonostante le sfide interne ed esterne?
La crescita dell’economia cinese, del 5% nel 2024 secondo i dati statistici ufficiali, ha oramai da tempo abbandonato ritmi a doppia cifra. Se tale rallentamento è in parte fisiologico per via del livello di sviluppo del sistema, la reale crescita attuale, ancorché stabile, è condizionata da vari fattori, tra i quali domanda e consumi interni molto contenuti, la conseguenza della crisi dell’immobiliare – tradizionale motore di crescita del Pil -, nonché il notevole indebitamento dei governi locali, che ne limita non solo il potere di spesa e investimento, ma incide anche sulla possibilità del Governo centrale di attuare, come avvenuto in passato, politiche fiscali fortemente espansive per far ripartire la crescita.
Nella Doppia Sessione parlamentare del marzo 2025, il Governo cinese ha fissato un obiettivo di crescita “intorno al 5%” per il 2025 e innalzato il tetto del deficit di bilancio al 4% del Pil (rispetto al 3% del 2024), consapevole di dover sostenere il rilancio della crescita economica pur in ossequio alla sostenibilità del debito.
E per quel che riguarda i dazi da e verso gli Stati Uniti?
La Cina è un’economia la cui crescita è trainata in maniera preponderante dalle esportazioni, motivo per cui l’attuale contesto di crescente frammentazione del commercio internazionale costituisce fonte di incertezza e preoccupazione per queste Autorità. Con riferimento ai successivi round di dazi imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni di beni cinesi a partire da inizio 2025 e alle corrispondenti reazioni cinesi, la pesante escalation delle tensioni commerciali tra le due principali economie mondiali ha costituito indubbiamente un fattore di grande complessità a livello sistemico che indica, peraltro, l’esigenza di una riconsiderazione articolata di squilibri strutturali che sono il frutto di politiche e dinamiche pluridecennali.
Se da un lato l’intesa raggiunta da Cina e Stati Uniti a Ginevra per una riduzione netta, ancorché provvisoria, delle misure tariffarie vicendevolmente imposte costituisce uno sviluppo senz’altro positivo in chiave di stabilizzazione del commercio e dell’economia mondiali, dall’altro l’esigenza di un riequilibrio dei rapporti economici mondiali rimane prioritaria.
Italia-Cina, scambi commerciali bilaterali e investimenti. Che cosa sta succedendo nel 2025?
La Cina, secondo fornitore dell’Italia a livello globale, è il secondo mercato di sbocco extra-europeo per il nostro export, primo in Asia e undicesimo al mondo. Rappresenta un partner commerciale di valenza strategica. Al contempo, domanda e consumi sottotono e un processo di sostituzione legato alla sempre crescente capacità manifatturiera della Repubblica Popolare Cinese non aiutano i numeri del nostro export, calato dell’11,2% su base annua nei primi tre mesi di quest’anno, dopo aver raggiunto nel primo trimestre del 2023 la cifra record di 7,2 mld di euro. Tale situazione ci accomuna peraltro alla maggioranza degli altri partner commerciali, che vedono crescere il proprio disavanzo. Continuiamo a insistere quindi con le Autorità cinesi per ottenere un maggior accesso al mercato per i nostri prodotti. Analogamente, se si guarda allo stock complessivo di Ide italiani nella Repubblica Popolare Cinese e cinesi in Italia, si nota uno squilibrio a favore dei primi (oltre 15 mld di euro), di circa cinque volte superiori a quelli della Repubblica Popolare Cinese (2,7 mld di euro). Stiamo puntando anche qui ad un riequilibrio che possa fornire innovazione e produttività dell’industria italiana.
Le aziende italiane hanno volontà di tornare ad investire in Cina? In quali settori?
Rispetto al passato, si registra maggior cautela da parte degli investitori stranieri, inclusi quelli italiani, ad espandere gli investimenti in Cina, anche in relazione al fatto che i margini di profitto si sono ridotti e la competizione da parte delle aziende cinesi si è fatta più agguerrita. Tuttavia, numerose aziende italiane, sia Pmi che di grandi dimensioni, continuano non soltanto a re-investire sul mercato cinese ma anche ad espandere la propria presenza. Questo si nota nell’ambito automotive, nella meccanica, nella moda e lifestyle, per citare soltanto alcuni settori. Ciò sulla base della consapevolezza di come quello cinese sia un mercato strategico da presidiare per rimanere competitivi e innovativi a livello mondiale.
La questione relativa ai veicoli elettrici cinesi è un argomento di grande attualità. Qual è la posizione dell’Italia?
L’Italia è interessata a collaborare con la Cina in quest’ambito, come ribadito anche dai nostri vertici politici in occasione dei numerosi incontri di alto livello sia in Italia che in Cina del 2023 e 2024. In particolare, l’impegno è quello ad attrarre qualificati investimenti produttivi cinesi in questo settore che possano costituire un volano di sviluppo innovativo per tutto il nostro sistema industriale e per la nostra filiera della componentistica legata al comparto automotive. La promozione di tale genere di partenariati industriali beneficerebbe non soltanto il nostro Paese, ma verrebbe anche incontro alla necessità delle grandi case automobilistiche cinesi di internazionalizzarsi su un mercato, quello europeo, assolutamente chiave.
L’Ambasciata d’Italia che ruolo svolge nel supporto alle imprese italiane del settore privato che vogliono introdursi nel mercato cinese?
Nel quadro della “diplomazia della crescita” promossa dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, l’Ambasciata d’Italia a Pechino, insieme ai Consolati Generali presenti a Shanghai, Canton, Chongqing e Hong Kong, svolge una quotidiana azione di sostegno e assistenza non soltanto alle aziende italiane già presenti nella Rpc, ma anche nei confronti di quelle interessate ad entrare in questo mercato. Ciò in stretto raccordo con Ice Agenzia, dotata di Uffici distribuiti su tutto il territorio cinese, Sac e le Camere di Commercio italiane in Cina e Hong Kong e Macao. Colgo l’occasione per segnalare anche “Export.gov.it”, il portale pubblico che consente alle imprese l’accesso a strumenti messi a disposizione dalla Farnesina, Ice, Sace e Simest per l’accompagnamento sui mercati internazionali, incluso quello cinese.
Tengo inoltre a ricordare, quale strumento di cruciale importanza e portata innovativa per il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese, il “Piano d’azione per l’export italiano nei mercati extra-UE ad alto potenziale”, inclusa la Cina, lanciato nel marzo scorso dal Ministro Tajani. Si tratta di un pacchetto di iniziative che integra diversi strumenti di promozione e iniziative attivate dalla Farnesina, dall’Agenzia Ice, da Simest, da Sace e da Cassa Depositi e Prestiti per dare impulso alle esportazioni italiane in tali mercati.
V.B.
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