Sono 125mila le micro e piccole imprese (Mpi) che hanno già varcato le frontiere dell’intelligenza artificiale (Ia), su un totale di 134mila imprese italiane pioniere dell’Ia. Ma la loro corsa nella transizione digitale è frenata dalla difficoltà di trovare personale qualificato. Su 449mila lavoratori con elevate e-skill 4.0 richiesti dalle aziende, ne mancano all’appello 246mila, pari al 54,9%.
A lanciare l’allarme è Confartigianato con un rapporto dell’Ufficio studi che viene presentato oggi a Pesaro alla terza edizione della ‘Giornata della cultura artigiana’, evento annuale dove la Confederazione fa il punto sul grado di innovazione delle imprese e sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale per ottimizzare la creatività e la qualità di prodotti e servizi made in Italy.
In generale, la scarsità di personale qualificato è indicato come il problema più grave dal 58,1% delle Mpi del nostro Paese, a fronte del 54,1% della media delle Mpi dell’Ue. Per le nostre aziende la difficoltà a trovare lavoratori con adeguate competenze viene indicata come addirittura di gran lunga più grave rispetto ai problemi della burocrazia, dell’accesso al credito, della concorrenza sleale.
Secondo il rapporto di Confartigianato, per quanto riguarda la difficoltà a reperire manodopera esperta di intelligenza artificiale, la situazione peggiore si registra in Trentino Alto Adige dove è introvabile il 67,2% dei lavoratori con elevata richiesta di competenze digitali avanzate 4.0 necessari alle Pmi (9.330 su 13.890). Seguono a breve distanza il Friuli Venezia Giulia, dove manca il 65,2% di personale pronto ad affrontare l’IA (4.800 su 7.360) e l’Umbria con una quota del 63,8% (2.980 su 4.670). A soffrire la carenza di personale con e-skill sono anche il Veneto con 20.270 ‘introvabili’ su 34.590, pari al 58,6%, l’Emilia Romagna (17.910 su 30.810, pari al 58,1%) la Lombardia (46.930 su 81.020, pari al 57,9%) e il Piemonte e la Valle d’Aosta (16.720 su 28.910, pari al 57,8%).
In testa alla classifica dei lavoratori introvabili tra quelli capaci di gestire tecnologie relative a big data analytics, internet of things e robot vi sono gli elettricisti specializzati in costruzioni: lo scorso anno sono risultati difficili da reperire 11.900 su un fabbisogno delle imprese pari a 17.540. Difficile reperire anche 8.590 tecnici programmatori su un totale di 11.730. Arriva addirittura all’84% la quota di ‘introvabili’ nell’automotive: su 6.760 meccanici e autoriparatori è stato difficile trovarne 5.680. Stessa percentuale di difficoltà di reperimento per gli addetti ai macchinari utensili, pari a 6.350 lavoratori su 7.560.
Due piccole imprese su tre (66%) hanno adottato interventi per attrarre e/o trattenere il personale qualificato. In particolare, hanno attivato o intensificato la collaborazione con le scuole, soprattutto quelle ad indirizzo tecnico e professionale.
“La carenza di personale qualificato nell’IA – sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – è un’emergenza da affrontare subito con un’adeguata politica formativa. Altrimenti rischiamo di subire soltanto i rischi dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul mercato del lavoro, senza riuscire a coglierne le opportunità di nuova occupazione offerta dalle aziende. Ne va anche della competitività dei piccoli imprenditori, impegnati ad utilizzare l’IA con l’intelligenza artigiana per potenziare la qualità made in Italy delle loro produzioni”.
Secondo il rapporto di Confartigianato, l’intelligenza artificiale viene usata dai piccoli imprenditori soprattutto per esigenze di sicurezza informatica, controllo dell’accesso a luoghi, a dati o a servizi, manutenzione di macchinari e automezzi, ottimizzazione dell’utilizzo di energia e materie prime, trattamento dei rifiuti e gestione della logistica, automazione di processi produttivi e applicazioni di contabilità e finanza, automazione delle funzioni di vendita online di beni e servizi e applicazioni nella prevenzione, nella diagnostica e nelle cure mediche.
Le piccole imprese italiane spiccano anche per il crescente utilizzo dei sistemi robotizzati. Dal rapporto di Confartigianato emerge che l’Italia è terza nell’Ue a 27 per la quota di Pmi che usano robot, pari all’8,3% e superiore al 5,6% della media europea.