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Cresce l’occupazione nel Mezzogiorno ma resta debole la dinamica salariale

Nel 2024 la crescita dell’occupazione si è confermata sostenuta, soprattutto nel Mezzogiorno, dove il numero di occupati è aumentato del 2,2% su base annua – oltre 142 mila unità in più – contribuendo per il 40% all’incremento nazionale (+1,5%). Il Sud ha risentito meno della crisi occupazionale dell’agricoltura (-0,5% contro -4,9% del Nord-Est e -12% del Centro).

Soprattutto, le regioni meridionali hanno beneficiato maggiormente della crescita degli addetti nel settore delle costruzioni, che ha doppiato la media nazionale (+9,9% contro il +5% italiano).

Buona la dinamica occupazionale anche dei servizi legati al turismo (come alloggio e ristorazione), che fanno segnare +5,4% al Mezzogiorno a fronte di un +2,1% nazionale.

La variazione occupazionale degli addetti manifatturieri nelle regioni del Mezzogiorno risulta allineata al dato nazionale (+0,6%)

In controtendenza rispetto all’andamento nazionale è il trend di occupazione del comparto delle Utility che, per effetto di processi di ristrutturazione e aggregazione, al Sud ha segnato -9,9% a fronte di variazioni positive attorno al 5% nelle restanti circoscrizioni.

I servizi Ict sono in crescita del +0,9%: il Mezzogiorno appare in positiva controtendenza rispetto alle altre aree che registrano dei cali di addetti. Nel comparto dei servizi non di mercato, da evidenziare l’incremento del 5,1% degli addetti nella PA meridionale, una variazione sensibilmente superiore a quanto registrato nelle restanti aree (Nord-Est: +3,9%; Nord-Ovest: -0,9%; Centro: -0,8%).

 

Retribuzioni reali nel sud al di sotto di 6 punti rispetto al 2019

Nella media del 2024, le retribuzioni valutate in termini di potere d’acquisto sono tornate a crescere per effetto congiunto dei rinnovi dei contratti e del rientro dell’inflazione, dopo un triennio di sensibile peggioramento.

Le retribuzioni reali nazionali mostrano un doppio divario: italiano rispetto agli altri paesi europei, e del Sud rispetto al resto del Paese, nell’intero periodo osservato. Anche dopo il recente recupero, resta ampia la perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni italiane rispetto al 2019: – 4,3 punti percentuali. Ancora più ampia la perdita nel Mezzogiorno soprattutto negli anni dello shock inflazionistico (-6 punti rispetto al 2019).

 

L’occupazione non argina il disagio sociale

La questione salariale italiana si riflette nella presenza di un’ampia platea di lavoratori poveri, soprattutto al Sud. La Svimez ha stimato i lavoratori in questa condizione a partire dai dati relativi alle retribuzioni disponibili per gli anni 2023 e 2024 mutuando la metodologia adottata a livello europeo. La soglia di reddito annuo al di sotto della quale un lavoratore dipendente o autonomo viene definito povero è pari a circa 7.300 euro annui (circa 600 euro mensili). Al 2024, ricadono in questa condizione circa 4,6 milioni di lavoratori, pari al 21% del totale (Fig. 3). Tale condizione al Sud interessa il 31,2% dei lavoratori, pari in numero assoluto a oltre 1,8 milioni.

 

Il Report completo è consultabile nel sito di Svimez: https://www.svimez.it/il-pil-nel-2024-2/

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