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“Fattore chiave sarà la capacità della Cina di attirare Ide in settori strategici”

“Opportunità per le imprese che vogliono fare operazioni commerciali mirate in Cina e l’Italia potrà essere protagonista nei settori di alta qualità”. Paolo Bazzoni, dal 2020 Presidente della Camera di Commercio italiana in Cina, uomo di azienda ed Executive con pluritrentennale esperienza internazionale, nel suo dettagliato racconto, parla del mercato cinese e delle opportunità per gli investitori.

 Presidente Bazzoni, l’Italia importa sempre di meno dalla Cina, una tendenza al ribasso che si protrae ininterrottamente dal 2022. Quali sono le prospettive per gli scambi bilaterali commerciali nel 2024? E per gli investimenti italiani nel Paese?

Se andiamo a guardare le esportazioni cinesi verso l’Italia, notiamo un balzo in avanti molto marcato nel 2021 (+31%) rispetto al 2020 che continuava a mantenersi su un intorno alto dei $30 mld annui registrati negli anni passati. Nel 2022 c’è stato poi un ulteriore balzo in avanti (+18%) delle esportazioni verso l’Italia, di cui oltre un terzo legato all’elettronica ed ai macchinari di vario tipo. Gli indicatori (provvisori) per il 2023 segnano ora un calo del 12.2% rispetto al 2022, ma sempre superiori al 2021, il che denota una mantenuta attenzione dei traders cinesi verso il mercato italiano, che continua anche nel bimestre gennaio-febbraio 2024, pur in calo rispetto al picco segnato nel pari periodo del 2022.

Per contro, l’export italiano verso la Cina ha avuto nel 2022 un calo del 11%, dopo una crescita molto promettente nel 2021 del 36%.

Anche la Cina e le sue aziende si stanno riposizionando, toccati da sanzioni, barriere tariffarie e conseguenze geopolitiche di varia natura e dimensione e il riposizionamento della Cina, qualsiasi esso sia, avrà anche Europa e Italia nel mirino, ma non solo l’Europa; come per noi italiani il riposizionamento avrà la Cina nel suo mirino, ma non solo la Cina. Il nostro recente 5° Rapporto sullo stato di salute delle aziende italiane in Cina lo indica chiaramente, con un 16% delle aziende intervistate che dichiara che la Cina non è più il paese prioritario e guarda all’Asean con interesse crescente.

La mia aspettativa è che i rapporti bilaterali Italia – Cina continueranno intensi come in passato, ma con una selettività strategica. L’Italia ha sempre mostrato che il suo mantra vincente è la qualità, quella con la Q maiuscola, e su questo non si deve mollare.

La vostra Camera assiste gli imprenditori italiani che vogliono investire in Cina. Che cosa è cambiato nel post-pandemia?

La missione della Camera di Commercio Italiana in Cina, unica associazione del business italiano riconosciuta da entrambi i governi, è focalizzata in modo concreto nel supportare le nostre aziende già localizzate in Cina e quelle italiane che guardano al mercato cinese con interesse, attraverso servizi mirati di affiancamento, introduzione, informazione e apertura di opportunità verso le controparti cinesi. Presidiando il territorio con otto uffici strutturati che coprono le principali aree di interesse per le imprese italiane, la Ccic lavora in stretta sinergia con il Sistema Paese in Cina (Ambasciata, Rete Consolare, Agenzia Ice, Sace) al fine di massimizzare il posizionamento delle nostre aziende sul mercato.

Il Rapporto 2023 della nostra Camera fornisce un’analisi approfondita sull’impatto post-pandemia sulle imprese italiane operanti in Cina, rivelando un quadro di cauto ottimismo misto a sfide significative. Il 2023 è iniziato come l’anno del tanto atteso ritorno al futuro. A inizio 2023, guardando al futuro, la parola chiave era ottimismo (seppur cauto). Il 70% prevedeva un aumento delle entrate nel 2023, rispetto al 2022, e di queste oltre il 42% ipotizzava un incremento di almeno il 20%. Questo ottimismo si è però scontrato con una ripresa più lenta del previsto nel primo trimestre 2023: se ad aprile il 70% prevedeva un aumento del fatturato di più del 20%, a fine 2023 questa percentuale è scesa al 47%.

Qual è il business sentiment delle aziende italiane in Cina?

A fine 2023 il business sentiment delle aziende italiane in Cina sembra essersi ulteriormente deteriorato rispetto al primo trimestre. I piani di investimenti in Cina sono ancora incerti per metà delle imprese intervistate: mantengono gli investimenti pianificati negli anni passati, ma restano molto attenti sugli investimenti futuri. Parlando di strategia della propria attività in Cina, il 50% delle imprese ha dichiarato di non voler apportare alcun cambiamento, mentre il 33% degli intervistati prevede di aumentare la localizzazione nei settori ricerca e sviluppo, produzione, approvvigionamento e marketing & vendite. Chi ha deciso di aumentare gli investimenti in Cina (26%), mira soprattutto all’apertura di nuovi impianti manifatturieri (38%), trasformazione digitale ed e-commerce (35%) e ricerca e sviluppo (25%).

Guardando al 2024, la preoccupazione di gran lunga principale dei nostri membri è il rallentamento dell’economia cinese, con la conseguente riduzione della domanda interna, l’aumento dei costi, l’aggressiva concorrenza degli operatori locali e le crescenti difficoltà nel mercato del lavoro. Le imprese italiane hanno una radicata consapevolezza dell’enorme potenziale che ha il mercato cinese, infatti il 54% delle nostre imprese ha indicato l’aspettativa di crescita nel proprio settore di attività nel medio/lungo termine, mentre solo il 20% prevede una diminuzione. Per il 52% delle imprese italiane la Cina rimane dunque un mercato importante in cui operare. Per il 16% degli intervistati, tuttavia, la Cina non è più un paese prioritario e sta pianificando di ridurre il rischio dei propri investimenti guardando ad altri mercati, in particolare nella regione dell’Asean.

L’economia cinese non sembra più in grado di assicurare i tassi di crescita vertiginosi degli anni passati, qual è la Sua opinione?

Si è appena chiusa la fase annuale delle “Due Sessioni” nella quale la leadership cinese si è esposta con un +5% del Pil nel 2024.

Gli indicatori di crescita nel bimestre gennaio-febbraio 2024 non sono esaltanti ma non preoccupanti, per ora. Il mercato immobiliare ha profonde ferite (alcune non ricucibili), il debito pubblico (soprattutto quello delle Provincie) è in forte affanno, il mercato dell’auto elettrica sta trovando resistenze politico/economiche importanti sulla piazza europea, i consumi interni stentano a crescere in maniera decisa, e gli scambi commerciali con Usa ed Eur sono in continuo calo. La visione abbastanza condivisa è che l’economia cinese avrà una corsa in salita nei mesi a venire per raggiungere quel +5%. Siamo ora in presenza di una nuova fase in cui le misure di politica economica, che hanno supportato in modo efficace la crescita della Cina fino al 2022, appaiono forse non più consistenti con una situazione di domanda interna, meno ricettiva.

Mi attendo pertanto, come uomo d’azienda, un riadattamento del modello di crescita sostenibile, tale da incentivare e riattivare quell’attenzione agli investimenti ad alto valore aggiunto che saranno il trend del prossimo futuro.

Laura Rinaldi

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