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Uno studio a cui ha partecipato l’Università degli Studi di Milano ha analizzato per la prima volta l’impatto dell’intelligenza artificiale sulla salute e sulla soddisfazione dei lavoratori in Germania. I risultati suggeriscono che finora l’utilizzo dell’Ia potrebbe aver apportato alcuni miglioramenti, in particolare nella salute fisica, anche se le auto-dichiarazioni dei lavoratori includono un leggero peggioramento della soddisfazione generale. I passi futuri includeranno approfondimenti legati ai diversi Paesi europei.

L’intelligenza artificiale (almeno per ora) non sta danneggiando il benessere dei lavoratori tedeschi. È quanto emerge dallo studio Artificial Intelligence and the Wellbeing of Workers, realizzato all’interno del progetto “Horizon Europe Pipeon” (Programma Europeo sulla Robotica e l’Intelligenza Artificiale) .

La ricerca è stata condotta da Osea Giuntella, professore dell’University of Pittsburgh e del Nber – National Bureau of Economic Research assieme a Luca Stella, professore di Politica Economica dell’Università degli Studi di Milano, alla Berlin School of Economics e Pi del progetto “Horizon Europe Pipeon”, e da Johannes Konig del German Ministry of Finance.

Ha preso in esame due decenni di dati longitudinali (ovvero dati ripetuti negli stessi anni per monitorarne l’andamento nel tempo) del German Socio-Economic Panel (Soep), una delle più ampie indagini multidisciplinari che vengono condotte ogni anno su circa 30 mila persone in Germania, realizzata dal German Institute for Economic Research, con l’obiettivo di analizzare come si siano evolute nel tempo le condizioni di benessere dei lavoratori a seguito dell’introduzione dell’intelligenza artificiale (Ia).

La ricerca rileva anche una lieve riduzione delle ore lavorative settimanali, senza però variazioni significative nei redditi o nei tassi di occupazione, segno che l’Ia potrebbe contribuire a una riorganizzazione più efficiente del lavoro.

Gli studiosi invitano comunque alla cautela. Sebbene l’analisi — che misura l’esposizione all’Ia sulla base dell’occupazione svolta, in quanto ritenuta una misura più oggettiva — mostri risultati positivi, quando si prendono in esame le auto-dichiarazioni dei lavoratori il risultato cambia: emergono infatti piccoli effetti negativi sulla soddisfazione lavorativa e sulla qualità della vita.

Inoltre, il campione analizzato presenta alcune limitazioni: non include i lavoratori più giovani, che potrebbero essere maggiormente esposti alle trasformazioni future del mercato del lavoro e si concentra esclusivamente sulla Germania, Paese caratterizzato da forti tutele occupazionali e da un’adozione dell’intelligenza artificiale relativamente graduale. Di conseguenza, i risultati potrebbero variare in mercati del lavoro più flessibili o tra le nuove generazioni che entrano in ambienti lavorativi sempre più saturi di Ia.

“Finora troviamo poche evidenze che l’adozione dell’Ia abbia compromesso il benessere dei lavoratori. Anzi, in alcune categorie professionali si osservano lievi miglioramenti nella salute. Questo potrebbe essere legato alla riduzione dell’intensità fisica del lavoro e al calo dei rischi associati a mansioni tradizionalmente più pesanti”, commenta Luca Stella.

“Potremmo semplicemente trovarci troppo presto nella curva di adozione dell’Ia per osservare i suoi effetti completi”, sottolinea Stella. “L’impatto dell’Ia potrebbe evolversi drasticamente man mano che le tecnologie avanzano, penetrano in più settori e trasformano il lavoro in modo più profondo”.

“Questa ricerca è solo un’istantanea iniziale: con l’accelerazione dell’adozione dell’Ia, sarà fondamentale continuare a monitorarne gli effetti più ampi sul lavoro e sulla salute dei lavoratori. conclude Osea Giuntella, corresponding author della ricerca.

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