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La transizione digitale delle imprese italiane rischia di rallentare a causa della crescente difficoltà nel reperire personale qualificato. Secondo una rilevazione di Confartigianato, le aziende hanno necessità di 699mila lavoratori con competenze digitali avanzate 4.0, ma non riescono a trovarne più della metà (51,8%). Si tratta di 362mila lavoratori che devono essere capaci di gestire tecnologie come l’intelligenza artificiale, il cloud computing, l’Industrial Internet of Things (IoT), la data analytics, i big data, la realtà virtuale e aumentata e la blockchain.

Il quadro si fa ancora più critico per le micro e piccole imprese, dove il 54,9% delle posizioni che richiedono competenze digitali rimangono vacanti.

Imprese che, secondo il rapporto di Confartigianato, per reagire alla carenza di personale, attrarre giovani talenti e trattenere i lavoratori con più elevate skills ed esperienza, hanno adottato una serie di strategie. In particolare, il 32,6% dei piccoli imprenditori punta su aumenti salariali, il 28,5% su flessibilità degli orari di lavoro e il 24,9% sulla collaborazione con le scuole, soprattutto quelle ad indirizzo tecnico e professionale.

Secondo Confartigianato, infatti, per il 72% dei lavoratori necessari alle piccole imprese è richiesto un titolo secondario tecnico o con qualifica o diploma professionale o una laurea in materie scientifiche, tecnologiche ed ingegneristiche (Stem).

“Le nostre aziende – sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – devono poter contare su lavoratori in grado di padroneggiare le nuove tecnologie. Serve un’adeguata politica formativa e un dialogo sempre più stretto tra la scuola, il sistema dell’istruzione professionale e le imprese”.

 

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