La complessità nell’adempiere alle procedure imposte dalla nostra Pubblica Amministrazione è un problema che in Italia è sentito da 73 imprenditori su 100, in particolare il mondo delle Pmi. Tra 20 paesi dell’Area dell’Euro solo in Slovacchia (78), in Grecia (80) e in Francia (84) la percentuale degli intervistati che ha denunciato questo problema è superiore al tasso riferito al nostro Paese. La media dell’Eurozona è pari a 57.
Elaborando alcuni dati pubblicati dall’Ocse, l’Ufficio studi della Cgia riscontra che per le nostre Pmi il costo annuo ascrivibile all’espletamento delle procedure amministrative è di 80 miliardi di euro.
Qualsiasi osservatore farebbe fatica a immaginare che in un Paese la Pa possa rappresentare un ostacolo, anziché un elemento di sostegno e di crescita economica. Di contro anche noi possiamo contare su punte di eccellenza della macchina pubblica non riscontrabili nel resto d’Europa.
Mediamente la nostra Pa funziona con difficoltà e in alcune aree del Paese costituisce un freno allo sviluppo.
Nel Regional Competitiveness Index (Rci), con riferimento al sub-indice relativo al contesto internazionale, tra tutte le realtà italiane la prima, la Provincia Autonoma di Trento, si posiziona al 158° posto, su 234 territori Ue.
Sempre secondo lo studio dell’Ocse l’inefficienza della nostra Pubblica Amministrazione ha delle ricadute negative sul livello di produttività delle imprese private. Dai calcoli dell’Organizzazione ottenuti attraverso l’incrocio della banca dati Orbis del Bureau van Dijk e dei dati di Open Civitas, emerge che la produttività media del lavoro delle imprese è più elevata nelle zone del Nord Italia dove l’Amministrazione pubblica è più efficiente.
Diversamente, dove la giustizia funziona peggio, la sanità è malconcia e le infrastrutture sono insufficienti (prevalentemente nel Sud Italia), anche le imprese private di quelle regioni perdono competitività.
L’Institutional Quality Index (Ioi) è un indice che misura la qualità delle istituzioni pubbliche presenti in tutte le realtà territoriali italiane. Lo stesso è stato concepito nel 2014 dall’Università degli Studi di Napoli Federico II. Questo misuratore assume un valore che va da 0 a 1; a differenza di altri che si basano sulle percezioni dei cittadini, quello redatto dai docenti napoletani fa riferimento a dati oggettivi e considera i servizi pubblici, l’attività economica territoriale, la giustizia, la corruzione, il livello culturale e la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Recentemente è stato aggiornato al 2019. Il risultato che emerge dall’applicazione di questo parametro ci consegna un Paese spaccato a metà; se i livelli di eccellenza più elevati della nostra Pa a livello territoriale si concentrano prevalentemente al Nord, quelli più modesti, invece, si trovano al Sud.
La realtà territoriale più virtuosa d’Italia è Trento, con indice Iqi 2019 pari a 1; rispetto a 10 anni prima la provincia trentina ha recuperato 2 posizioni a livello nazionale. Seguono al secondo posto Trieste e al terzo Treviso. Appena fuori dal podio scorgiamo Gorizia, Firenze, Venezia, Pordenone, Mantova, Vicenza e Parma. Insomma, nei primi 10 posti, ben 8 province appartengono alla macro area del Nordest. In coda, infine, notiamo Catania, Trapani, Caltanissetta, Crotone e Vibo Valentia che, purtroppo, occupa l’ultima posizione
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