di Danilo Manghi, Presidente Camera di Commercio italo-ceca a Praga
La Repubblica Ceca è riuscita a superare la crisi energetica innescata dalla guerra russa in Ucraina senza forti perdite. Ora la sfida più grande è l’addio al carbone. Nel giro di un anno le forniture di gas dalla Russia sono scese da quasi il 100 percento a zero. Dall’inizio del 2023 il paese non sta più comprando il gas da Mosca grazie all’accesso a rigassificatori nei Paesi Bassi e a forniture da altri paesi come la Norvegia.
Il paese è dipendente dalla Russia ancora sul fronte del petrolio. L’attuale governo ceco di Petr Fiala punta a cessare gli acquisti nel 2025. Ad avere un ruolo fondamentale è l’Oleodotto Transalpino, che viene alimentato dalle petroliere, che approdano nel porto di Trieste. Grazie al potenziamento, il cui via libera è stato annunciato durante la visita della premier Giorgia Meloni a Praga, l’infrastruttura coprirà la quasi totalità del fabbisogno ceco.
Le imprese hanno attraversato lo scorso anno con grande apprensione per la fiammata dei prezzi dell’energia, che hanno registrato quasi tutti i paesi dell’Unione Europea. Negli incontri tra le aziende e i rappresentanti del Ministero dell’Industria e del Commercio, che la Camera ha organizzato nei mesi scorsi, gli imprenditori chiedevano al governo di garantire la disponibilità di energia per coprire il fabbisogno nazionale a prezzi competitivi.
Queste priorità diventano urgenti anche alla luce della trasformazione epocale che attende il paese nei prossimi anni – l’addio al carbone, che rappresenta ancora la fonte più importante del mix energetico ceco. Il governo prevede lo spegnimento delle centrali a carbone agli inizi degli anni Trenta, ma secondo gli esperti il momento dell’addio a questa fonte. Con prezzi crescenti dei permessi a emettere e condizioni sempre più rigide di accesso a finanziamenti e capitali.
Tra le forze politiche c’è il consenso che il nuovo mix debba reggersi su due pilastri – le fonti rinnovabili e il nucleare. Attualmente è in corso la banda d’appalto per la costruzione del nuovo reattore nella esistente centrale di Dukovany. Il paese è invece scettico sul gas come fonte energetica di transizione per via delle questioni sulle forniture sicure.
Negli ultimi anni è fortemente cambiata la percezione delle rinnovabili. Sempre più imprese fanno ricorso al fotovoltaico per coprire il proprio fabbisogno e realizzare risparmi. Lo stesso vale anche per le famiglie. Il settore sta registrando un vero boom, che è limitato solo dalle capacità di realizzazione delle nuove centrali da parte delle imprese specializzate. Secondo l’agenzia Deloitte i fondi pubblici avranno a disposizione circa otto miliardi di euro entro il 2030 da investire nelle rinnovabili.
Anche il potenziamento del nucleare richiederà investimenti di miliardi di euro. La grossa incognita, che affrontano praticamente tutti i progetti realizzati in Europa, riguarda i tempi di costruzione e il budget. Per tale motivi appaiono fondati i timori per il periodo di transizione con il rischio che le centrali a carbone vengano spente prima che siano pronte le nuove fonti atomiche. Mantenere la competitività di un paese con una forte impronta industriale, riduzione delle emissione e sicurezza energetica sono le priorità per il futuro del paese, di cui si deve occupare ora la politica.
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Italiani poco fedeli ai brand