Nell’attuale contesto geopolitico l’Italia può vantare relazioni bilaterali commerciali più che solide con la Cina.
Questo perché i nostri governi hanno mantenuto saldamente il rapporto di amicizia e collaborazione che da tempo li lega e perché le aziende italiane non hanno mai smesso di provare interesse per il mercato cinese, una piazza economica che non si può ignorare oggi e ancor più in una prospettiva di medio-lungo periodo. Se guardiamo alla dimensione della popolazione cinese, al dinamismo e all’innovazione del settore produttivo, all’espansione del mercato interno e al suo ruolo crescente nel commercio internazionale, vediamo come questo Paese offra grandi opportunità per chi voglia lavorare seriamente.
Ci sono forti potenzialità di crescita in settori come quelli della cooperazione economica, degli investimenti, della collaborazione scientifica e tecnologica, e dell’innovazione, ma anche in ambiti tipicamente Made in Italy come quelli dell’agroalimentare, della moda e del turismo.
In questi ultimi tempi si è parlato spesso di fuoriuscita degli investimenti in Cina, ma queste azioni sono relative al mercato finanziario, attualmente meno attrattivo per via della generale contrazione dei tassi di interesse. Chi era in Cina con una realtà stabile ha mantenuto il presidio nel Paese, eventualmente riorganizzando la presenza, nonostante una contingenza economica un po’ complessa, ad esempio per l’aspetto dei consumi. Il calo degli investimenti diretti esteri (Ide) nel 2023 è stato principalmente guidato da una riallocazione a breve termine degli utili trattenuti piuttosto che da un esodo a lungo termine di capitale straniero. E dobbiamo anche considerare che man mano che l’industria cinese scala la catena del valore e si affida sempre di più all’innovazione interna, il bisogno di Ide come fonte di finanziamento e trasferimento di conoscenza diminuisce.
L’interesse verso il mercato cinese c’è e resta importante
Oggi la Cina è la piattaforma ideale da cui lanciare le attività di impresa verso il Sud-Est asiatico, la parte di mondo destinata a crescere maggiormente anche sull’onda dell’implementazione del Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep), finalizzato a creare la più grande area di libero scambio del mondo, proprio con il sostegno di Pechino.
Di sicuro, dopo gli anni di pandemia, le aziende italiane hanno la volontà e la necessità di tornare a presidiare le posizioni precedenti sia nei settori tradizionali, come meccanica, medicale (grazie anche alla crescita della Silver Economy) ed healthcare in generale. Ma in un’ottica di prospettiva futura vanno tenuti sott’occhio tutti quei settori collegati alla sostenibilità ambientale e alla transizione energetica, tematiche su cui Pechino investe da tempo.
Quando si parla di rallentamento bisogna considerare che questo è dovuto ad una serie di concause, tra cui il persistere di tensioni geopolitiche, una parziale recessione globale e una serie di fenomeni e mutamenti interni all’economia cinese, in parte esacerbati dai lunghi anni di pandemia: questo fenomeno però non è destinato a durare, vista la grande resilienza dei cinesi.
Ed è anche il risultato di una transizione verso nuovi motori di crescita dell’economia cinese, identificabili nelle nuove “tre forze” ovvero veicoli elettrici, batterie e pannelli solari, che nel lungo periodo offriranno opportunità anche per le imprese internazionali.
Mario Boselli, Presidente Italy China Council Foundation
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