L’azienda di consulenza norvegese Dnv ha delineato, alla fine dello scorso anno, le prospettive per il futuro energetico della Norvegia: il Paese dovrà concentrare le proprie energie sull’eolico off-shore se vorrà sostenere il forte aumento della domanda di elettricità richiesto dalla transizione verde, lo riferisce il Maeci.
Come sottolinealo studio di Dnv l’“Energy Transition Outlook” l’uso dei combustibili fossili in Norvegia di qui ai prossimi 25 anni dovrebbe dimezzarsi e la quota degli idrocarburi nella domanda finale di energia potrebbe passare dal 46% al 21%.
A tale tendenza dovrebbe contribuire, principalmente, una forte diminuzione dell’uso di energia da fonti fossili nelle attività di estrazione petrolifera offshore (-70%), così come nei settori del trasporto su strada e marittimo (-80%).
La Norvegia intende diventare leader europeo nella mobilità sostenibile con la maggior parte degli automezzi oggi in circolazione elettrici. Nel campo delle attività estrattive, il progressivo impiego dell’eolico in sostituzione delle turbine usate per alimentare le piattaforme petrolifere sembra destinato a far registrare risultati positivi nell’ambito della decarbonizzazione.
D’altra parte, a fronte di grossi investimenti governativi, i progetti basati sulla cattura del carbonio sembrano destinati ad avere un impatto modesto e l’idrogeno dovrebbe entrare molto lentamente nel mix energetico nazionale: 0,3% nel 2030, 2% nel 2040 e 6% nel 2050, sempre secondo le previsioni di Dnv.
Parallelamente alla progressiva decarbonizzazione, la richiesta di energia elettrica in Norvegia è destinata a crescere fino a raggiungere, nel 2050, il 65% della domanda totale di energia. Questo incremento, legato al consumo domestico e alla progressiva elettrificazione del trasporto, del manifatturiero e dell’industria estrattiva offshore, potrebbe causare nel prossimo decennio un deficit di energia elettrica calcolato in circa 10 terawattora (TWh) annui, in ragione della limitata capacità di espansione dell’idroelettrico (che già fornisce circa il 90% di tutta l’elettricità) e dei tempi necessari a creare un’infrastruttura eolica offshore su larga scala. In un Paese dove l’opzione nucleare è sempre più al centro del dibattito, pur restando una prospettiva lontana, l’eolico off-shore potrebbe essere la chiave per soddisfare il fabbisogno interno e ridurre la dipendenza dall’estero.
Il salto in avanti atteso nell’eolico non avverrà prima del 2035. Le proiezioni parlano di una capacità pari a 21 gigawatt (Gw), che unita alla più limitata crescita dell’idroelettrico (43 Gw), dell’eolico onshore (18 Gw) e del solare e delle batterie (18 Gw), dovrebbe restituire al Paese la sua posizione di esportatore netto di elettricità entro il 2050.
Nonostante le stime a due cifre sul calo dell’uso di energia fossile, la diminuzione delle emissioni nel 2030 rispetto al 1990 non supererà il -27%, a fronte di un obiettivo nazionale del -55%, mentre nel 2050 dovrebbe attestarsi al -75%, lontano dal target di riduzione del 90-95%.
Risultati così al di sotto degli obiettivi, per un Paese che oggi è secondo al mondo sul fronte della connettività elettrica, mettono in luce l’ampiezza della sfida della transizione e i costi di questo processo. D’altra parte, la Norvegia mantiene un ruolo trainante nelle esportazioni di gas: se nel lungo termine queste sono destinate a diminuire, nel breve periodo il Paese dovrebbe restare il principale fornitore per l’Unione Europea e per il Regno Unito. Al momento, Oslo conta infatti su una solida rete di distribuzione e il suo gas è percepito come cruciale per il mantenimento della sicurezza energetica europea.