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Il Novecento è finito da un quarto di secolo eppure, sembra molto più vicino da un certo punto di vista: come se gli eventi che lo hanno attraversato fossero ancora, in qualche modo, in corso. Non è facile identificare con precisione i confini temporali che dividono un’epoca dall’altra, così come è difficile vederli geograficamente, tra un paese e l’altro, quando non coincidono con quelli naturali (fiumi, mari, montagne, etc.). In generale, i confini sono un concetto difficile: sono i punti in cui la forza prorompente della storia mostra più che in ogni altro luogo i suoi effetti.

In questo senso il confine europeo che più palesemente ci mostra gli effetti del Novecento è quello tra Italia e Slovenia e, in particolare, quello tra le città di Nova Gorica e Gorizia, immortalato nelle foto ormai ingiallite di un filo spinato a Piazza Transalpina.

Le due città non potrebbero apparire più diverse. Una, sul lato italiano, si sviluppa a partire da un centro storico medievale dominato da un castello in cima a una delle colline che costellano la destra orografica del fiume Isonzo; l’altra, slovena, è invece una città orientata tutta al futuro o, almeno, a quello che alla metà del Novecento si pensava il futuro sarebbe stato.

Le origini

Se vi aspettate una Slovenia fatata e fatta di castelli, cittadelle fortificate, strade acciottolate ed eleganti edifici tra il barocco e il liberty, non è a Nova Gorica che la troverete.

La città (che i locali chiamano Gorica e basta, mentre è quella italiana a essere Stara Gorica, Gorizia Vecchia – ndr), infatti è nata solo nel secondo dopoguerra, per dare un capoluogo a tutta quell’area del goriziano che nel 1947 era stata assegnata alla Jugoslavia.

Concepito dalla lecorbouseriana mente dell’architetto sloveno Edvard Ravnikar, sotto la supervisione del governo del maresciallo Tito, il nuovo agglomerato urbano venne dunque a configurarsi come un manifesto del modernismo socialista, fatto di ampie prospettive e caseggiati in cemento armato, proiettato a un’idea di futuro che appare mai però del tutto compiuta.

Un’altra idea di futuro era quella che avevano avuto, qualche decennio prima, gli Austriaci, artefici della ferrovia Transalpina che collegava, in epoca asburgica, quella che oggi è Nova Gorica a Trieste e Salisburgo, allora tutte parte dello stesso Impero.

L’elegante e monumentale edificio insiste sulla piazza omonima, attraversata durante il secolo scorso dal confine non solo tra la Slovenia jugoslava e l’Italia, ma anche tra blocco occidentale e blocco orientale. Qui, dove permane una placca in memoria di questa stagione passata, simbolo oggi di unione e della neonata Capitale Europea della Cultura, correva una cortina di filo spinato che per decenni ha invece diviso le due Gorizie come quella che divideva Berlino alcune centinaia di km più a nord.

Un passato che non deve essere cancellato, ma piuttosto deve fare da punto di partenza per il percorso comune di Slovenia, Italia e di tutta Europa da qui al futuro.

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