Tra i principali prodotti di esportazione negli Stati Uniti, circa la metà è rappresentata, nell’ordine, da: vino (2 miliardi), olio (quasi 1 miliardo), pasta (1 miliardo) e formaggi (550 milioni). Le esportazioni agroalimentari Made in Italy nell’ultimo decennio sono aumentato a livello globale da 28 a 70 miliardi.
Riguardo al mercato del vino, gli Usa sono la prima piazza mondiale con quasi 2 miliardi di euro fatturati nel 2024, ma con “esposizioni” più forti di altre a seconda delle bottiglie. A dipendere maggiormente dagli Stati Uniti per il proprio export sono infatti i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, con una quota del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi toscani Dop (40%, 290 milioni), i vini rossi piemontesi Dop (31%, 121 milioni) e il Prosecco Dop (27%, 491 milioni). Grandi numeri che i dazi possono scombinare, lasciando strada libera ai competitor di aggredire una fetta di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano, fino al Merlot cileno e al Prosecco brasiliano.
Il mercato americano è anche il primo per l’esportazione di olio di oliva Made in Italy con il 34% sul totale dell’export mondiale. Circa 1 miliardo di euro negli Usa, rispetto ai 3 miliardi di valore per le spedizioni di olio in tutto il mondo: una crescita del 158% negli ultimi 10 anni, dopo aver superato l’iniziale diffidenza del consumatore americano. Il 73% delle importazioni di olio da tavola negli Stati Uniti sono rappresentate da olio extravergine d’oliva, un prodotto fortemente identitario associato alla salute e al benessere. E proprio adesso che, dopo tante campagne di promozione, l’olio evo italiano sta dominando il mercato Usa, il dazio potrebbe ridurne la domanda se non essere sostituito da oli vegetali ricavati da semi, prodotti in America.
“Applicare un dazio del 25% ridurrebbe fortemente la competitività delle eccellenze del Made in Italy. Non è ancora chiaro se il piano sarà per tariffe reciproche, Paese per Paese o prodotto per prodotto, oppure se sarà una tariffa globale al 20%. Occorre, comunque, il massimo impegno per evitare una guerra commerciale che sarebbe fortemente lesiva per l’Italia”. così Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani che interpreta il nervosismo dei produttori italiani.