Il Libro Bianco sulla Montagna è uno studio dettagliato sulle caratteristiche ambientali e territoriali, socioeconomiche e di governo dei territori montani italiani, analizzate regione per regione. Partendo dalle “visioni” e dagli interventi per il riscatto dalla marginalità delle montagne nello scenario globale ed europeo e in tempi di grandi cambiamenti ambientali e socioeconomici, si focalizza sulla dimensione nazionale, esaminando gli ambienti caratteristici e le risorse, il territorio e la società, l’economia e l’impresa, la legislazione e la governance delle montagne italiane, per arrivare, infine, ad evidenziare le principali sfide e suggerire interventi prioritari.
Il punto di partenza è stato decidere il criterio di delimitazione della montagna italiana da adottare per le analisi: è stata scelta la classificazione Istat che stabilisce in 2.487 i comuni montani in zone altimetriche (su un totale di 7.901 comuni italiani) e definisce conseguentemente in circa il 35% la superficie nazionale ricoperta da montagna. Vengono analizzati gli ambienti e le risorse che le montagne assicurano ai cittadini: prodotti e servizi minacciati dai cambiamenti ambientali, climatici e socioeconomici in atto, sia per prevenire ad esempio incendi, dissesti, perdita di biodiversità, sia per individuare e cogliere nuove opportunità.
Numerosi sono i quesiti a cui il libro bianco offre risposte puntuali e attuali, frutto di analisi di una considerevole mole di dati ambientali, territoriali, socioeconomici, normativi e di governo:
Eterogeneità
della situazione delle montagne nelle diverse regioni italiane, sia per estensione delle montagne – dal 100% in Valle d’Aosta e Trentino Alto-Adige al 1,5% della Puglia, dato che rende indispensabile indagare le montagne e le loro condizioni a livello di ogni singola regione. Infatti, che l’analisi degli indicatori demografici (spopolamento e invecchiamento della popolazione) nell’ultimo decennio, evidenzia un deciso peggioramento nelle montagne rispetto al resto del Paese (es: calo del 5% dei montanari rispetto all’1,8% nazionale) è vero anche che il Trentino Alto-Adige (100% montano) ha la situazione demografica migliore d’Italia (+3,5% popolazione nel decennio), mentre il Friuli-Venezia Giulia, regione a montanità significativa (43% della superficie regionale è montana, ma è abitata solo dal 5,1% dei friulani in montagna) perde il 10,5% dei montanari. La Lombardia ha un grado di montanità significativo (40,4% della superficie regionale è montana) e mostra un elevato squilibrio nella distribuzione della popolazione con una densità di popolazione in montagna pari a 105 ab/Km2 rispetto alla media regionale di 417 ab/Km2 e una perdita di montanari nel decennio del 3,2%. Le montagne del Sud e delle Isole, sebbene si spopolino mediamente di più rispetto al resto delle montagne italiane, presentano una situazione meno grave a riguardo dell’invecchiamento della popolazione rispetto alle montagne Nord del paese. Le regioni che presentano equilibrio tra l’estensione del territorio montano e la distribuzione della popolazione tra il territorio montano e non montano (prossima al 50% in ambedue i casi) sono la Liguria, il Molise e la Basilicata, nelle quali non si riscontrano significative differenze negli indicatori demografici e socioeconomici indagati ad indicare come sia il fattore demografico a determinare la “tenuta” dei territori montani. Da ciò l’importanza di attuare politiche e interventi nelle montagne dove lo spopolamento e l’invecchiamento della popolazione sono maggiori, nei quali i servizi essenziali analizzati risultano essere scarsi. Innovare le modalità di erogazione dei servizi essenziali nelle montagne è una priorità, facilitata dall’evoluzione tecnologica che rende possibile, oggi, la definizione e realizzazione di piani strategici specifici.
Aspetti economici
dalla situazione finanziaria, alle specializzazioni produttive dei comuni montani, alla demografia delle imprese, agli aspetti occupazionali fino al reddito medio garantito nelle aree montane, non montane e nei capoluoghi delle differenti regioni, nonché il valore aggiunto prodotto. I settori economici principali delle imprese montane italiane risultano essere, nell’ordine: commercio, agricoltura, silvicoltura e pesca, costruzioni, servizi di alloggio e ristorazione, manifatturiero. Complessivamente, nell’ultimo decennio le imprese nelle montagne italiane sono diminuite del 3,3% rispetto alla diminuzione dell’1,5% nel paese intero. I cali hanno riguardato perlopiù i comparti produttivi tradizionali (agricoltura, manifattura, commercio, costruzioni, trasporto) mentre il terziario “avanzato” ha evidenziato una crescita più o meno avanzata nelle diverse regioni. Ancora una volta, le differenze tra le montagne nelle singole regioni restituiscono un quadro estremamente eterogeneo, con cali significativi nelle montagne di alcune regioni e incrementi in altre. Complessivamente, emerge come il Trentino Alto-Adige, territorio interamente montano, sia tra le regioni italiane con i migliori indicatori economici oltre che demografici, con valori spesso superiori a quelli nazionali, ad indicare come l’elevata montanità non sia di per sé un fattore di svantaggio.
Si evidenzia inoltre, come i capoluoghi di regione presentino le migliori performance socioeconomiche in tutte le regioni rispetto al resto del territorio regionale, evidenziando in alcuni casi un significativo e pericoloso divario con il resto della regione. Viene infine fornito un approfondimento su due specifici settori economici di notevole rilevanza per le montagne: l’agricoltura e il turismo.
Il quadro normativo
L’analisi evidenzia una situazione frammentata e poco adeguata ai tempi, quindi, da riordinare considerando gli scenari ambientali e socioeconomici e gli strumenti e le tecnologie oggi disponibili. Si tratta di un passaggio cruciale per superare il paradigma dello svantaggio e della marginalità con cui sono stati sempre letti e interpretati questi territori. La numerosità dei soggetti che si occupano di montagna nei vari settori della società richiede uno specifico coordinamento e un maggiore grado di interazione per poter affrontare le sfide capitalizzando le esperienze, le competenze e le buone pratiche. Particolarmente importante è la definizione di politiche e strategie specifiche che integrino in un unico quadro i provvedimenti da adottare nei differenti ambiti strategici per la valorizzazione di questi territori: dall’ambiente all’agricoltura, ai servizi essenziali per i cittadini (sanità, istruzione, mobilità, ecc.) fino all’economia e all’impresa.