Migliorare i tempi di diagnosi per i pazienti affetti da Amiloidosi; coinvolgere i medici di medicina di base nel percorso di diagnosi precoce; garantire ai pazienti un equo accesso ai percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali; garantire ai pazienti fragili una presa in carico olistica; garantire ai pazienti e ai loro caregiver il supporto psicologico; continuare a fare awareness sull’amiloidosi; creare normativa sull’ageismo, con particolare riferimento alle malattie rare.
Sono le sette istanze esplicitate nel Position Paper sull’Amiloidosi (un gruppo di circa 30 patologie rare e invalidanti, caratterizzate dall’accumulo dannoso di sostanza amiloide all’interno dell’organismo), condivise da un working group permanente, composto da 13 membri (tra pazienti, clinici e istituzioni), il cui lavoro è durato 11 mesi. Il documento, dal titolo ‘Medicina di genere “anziano”: l’esempio dell’amiloidosi cardiaca‘, è stato presentato a Roma, presso la Sala Matteotti di Palazzo Theodoli-Bianchelli della Camera dei Deputati, in occasione di un evento organizzato su iniziativa dell’onorevole Ilenia Malavasi, Commissione XII Affari Sociali, in collaborazione con Omar – Osservatorio Malattie Rare.
“La diagnosi precoce è una priorità di salute pubblica, soprattutto quando parliamo di malattie rare- ha spiegato il professor Giuseppe Limongelli, U.o. Malattie Rare Cardiovascolari, Ospedale Monaldi di Napoli, Aorn dei Colli e direttore Centro Coordinamento Malattie Rare, Regione Campania– Attualmente il dato più realistico che abbiamo a disposizione, rispetto alla frequenza dell’amiloidosi da transtiretina wild-type in Italia, ci parla di circa 90 soggetti per milione. Se è vero che le altre due forme di amiloidosi (l’amiloidosi Ali e l’amiloidosi ereditaria da transtiretina) siano più rare, siamo certi che il dato sopracitato sia sottostimato“. L’amiloidosi cardiaca, intanto, è “certamente una delle patologie emergenti dell’anziano- ha proseguito Limongelli- ma è difficile da diagnosticare sia a causa dei sintomi aspecifici (fiato corto, astenia e aritmie), sia perché la diagnosi è complessa e necessità una serie di indagini laboratoristiche, di imaging e genetiche che solo i Centri di riferimento possono offrire. Se da un lato è fondamentale promuovere la conoscenza dei red flag tra gli specialisti e il dialogo con i centri di riferimento, dall’altro è imprescindibile che il medico di medicina generale abbia un ruolo sempre più centrale nel percorso diagnostico, a partire dallo scompenso cardiaco”.