La Banca d’Italia considera il coefficiente della riserva di capitale anticiclica in vigore per il trimestre corrente, pari allo zero per cento, appropriato al contesto macrofinanziario attuale.
Nel primo trimestre del 2024 lo scostamento del rapporto tra credito totale e Pil dal suo trend di lungo periodo (credit-to-Gdp gap) è rimasto sostanzialmente stabile e negativo per circa dodici punti percentuali se calcolato in base alla metodologia sviluppata dalla Banca d’Italia.
Indicazioni analoghe provengono dal rapporto tra credito bancario e Pil.
La dinamica del credito al settore privato resta debole. Peraltro, l’incidenza dei prestiti deteriorati rimane su livelli storicamente bassi e il tasso di disoccupazione è in ulteriore diminuzione. Nel quarto trimestre del 2023 i prezzi delle abitazioni in termini reali sono rimasti invariati rispetto al trimestre precedente.
La normativa europea individua nel credit-to-Gdp gap il principale indicatore di riferimento per la fissazione del coefficiente della riserva di capitale anticiclica. Tale indicatore fornisce una misura del ciclo creditizio basata sullo scostamento del rapporto tra credito totale al settore privato non finanziario e Pil dal suo trend di lungo periodo, calcolato secondo la metodologia standard proposta dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (credit-to-Gdp gap standard).
Il Comitato europeo per il rischio sistemico (European Systemic Risk Board, Esrb), con la raccomandazione del 18 giugno 2014 (Esrb/2014/1), ha consentito alle autorità designate dei paesi dell’Unione europea di adottare misure del credit-to-Gdp gap diverse da quella standard qualora quest’ultima non rifletta adeguatamente le caratteristiche del ciclo finanziario nazionale. Nella metodologia standard il trend di lungo periodo viene misurato mediante il filtro statistico Hodrick-Prescott (HPp3 nella sua versione unilaterale, in cui la stima in ogni punto del tempo si basa solo sull’informazione corrente e passata. L’analisi dell’andamento del credito in Italia dal 1970 a oggi mostra che tale metodologia pone due problemi: a. la stima del ciclo creditizio calcolata in tempo reale viene sistematicamente, e in misura sostanziale, rivista al ribasso quando nuove osservazioni sul credito e sul Pil diventano disponibili. Il filtro Hp unilaterale è infatti molto diverso da quello bilaterale (che sfrutta l’informazione dell’intero campione) e tende a sovrastimare la volatilità del ciclo4. b.
La durata media delle fasi espansive nel nostro paese sarebbe pari a circa 12 anni, molto maggiore di quanto documentato dalla letteratura e poco realistica5. Benché il filtro Hp bilaterale non possa per definizione essere calcolato in tempo reale, è comunque possibile utilizzarne la serie storica per migliorare la stima dello stato del ciclo creditizio, applicando al valore ottenuto con il filtro Hp unilaterale una correzione basata sulle differenze storicamente osservate tra le stime ricavate dai due filtri, come proposto in Alessandri et al., 20156. Il filtro così corretto (credit-to-Gdp gap Banca d’Italia) permette di ottenere in tempo reale stime più vicine a quelle del filtro bilaterale.
Le correzioni riducono in maniera significativa la volatilità stimata del ciclo creditizio in Italia; in particolare i picchi delle fasi espansive nei primi anni novanta e a metà del primo decennio degli anni duemila sono considerevolmente più bassi, sia per il credito totale sia per il credito bancario.