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Urban mining: miniere urbane e valorizzazione delle risorse strategiche

Pratiche avanzate di economia circolare possono costituire un utile supporto all’industria nazionale, favorendo il recupero di elementi chiave, le cosiddette materie prime critiche (mpc) per la realizzazione dei prodotti ad alta tecnologia. Litio, terre rare, metalli preziosi sono solo alcune delle risorse fondamentali per la nostra industria che possono essere rimesse in circolo a partire dalle discariche che, più che mai possono essere definite delle potenziali “miniere urbane”, poiché possono consentire il recupero di materiali strategici da oggetti dismessi quali elettrodomestici, dispositivi elettronici e pannelli solari.

Negli ultimi anni, l’Italia ha registrato un incremento del 51% nell’uso di materie prime critiche all’interno della produzione industriale, evidenziando la crescente dipendenza da queste risorse. In particolare, settori come industria aerospaziale, elettronica e automotive risultano altamente esposti alle fluttuazioni del mercato globale delle materie prime. Si stima che entro il 2040, attraverso investimenti mirati nell’economia circolare, sarà possibile soddisfare fino al 32% del fabbisogno nazionale di queste risorse, riducendo significativamente la dipendenza dalle importazioni e rafforzando la resilienza economica del Paese.

Il tema è stato al centro di una mattinata di lavori organizzata da Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità (Vsf), in collaborazione con il Green propulsion laboratory di Veritas e la start up 9 Tech, nell’auditorium Cesare De Michelis del museo M9, a Mestre.

Secondo le proiezioni del report Irena del 2016, i rifiuti derivanti dal fotovoltaico prodotti globalmente partono da un valore di 43,5k tonnellate, per equivalenti 270GW del 2016, per giungere a 8M pari a 1,630GW nel 2030, fino a 78M (4,500Gw) nel 2050. Di questi, il 90% è silicio cristallino, mentre il 10% è tecnologia a film sottile (silicio amorfo(a-Si), Seleniuro di Rame-Indio-Gallio, (cigs), Telluro di Cadmio (CdTe), e celle fotovoltaiche a base organica (Opc)).

9-Tech, Pmi innovativa con sede operativa a Porto Marghera, ha spiegato che la triturazione, attualmente utilizzata, recupera meno del 50% del valore del pannello e ha presentato la propria soluzione che sposta l’asticella a più del 90% di valore attraverso un processo innovativo elaborato dall’azienda stessa. La tecnologia sviluppata consente di separare gli elementi costitutivi di un pannello fotovoltaico a fine vita, costituito da vari materiali, recuperandoli con elevata purezza nonché con bassi costi ed impatto ambientale.

Il processo è infatti stato già testato con successo in un impianto sperimentale, autorizzato nel 2022, ed é ora in fase di industrializzazione con il supporto della Depuracque srl.

Da Veritas, l’input si basa sul recupero del Raee, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. L’errata gestione di questi rifiuti determina, in Europa, la perdita di 10 miliardi di euro di materie prime disperse nei flussi paralleli. Questo perché oltre il 50% dei flussi Raee sfuggono al sistema di raccolta e circa il 25% è esportato illegalmente. Serve quindi un miglioramento della tracciabilità dei flussi anche attraverso l’utilizzo dei centri di raccolta e la sensibilizzazione di cittadini e consumatori. La capacità impiantistica nell’Italia del Nord è infatti quasi 5 volte superiore rispetto alle altre macroaree e sarebbe opportuno sfruttarla al meglio. Così facendo si svilupperebbe un recupero di materie e di energia, oltre ad evitare notevolmente le emissioni ambientali rispetto alle attività di estrazione.

La ricerca si basa su dati elaborati da Teha Group (The European House Ambrosetti) per Iren, in cui si evidenzia anche come l’Europa sia fortemente dipendente dalle importazioni di materie prime critiche, specialmente dalla Cina (primo fornitore per il 56%). A livello europeo sono censite 17 materie che hanno un carattere di strategicità (Tra le altre: litio, rame, magnesio, manganese, silicio, cobalto, nichel e titanio). Tutte queste sono necessarie per garantire la competitività dell’industria europea come player globale. Si stima che, con 1,2 miliardi di investimenti, l’Italia potrebbe ridurre la propria dipendenza dall’estero di quasi un terzo, valorizzando oltre 6 miliardi di materie prime seconde al 2040.

Stimoli sono arrivati anche da Iren, secondo cui a livello nazionale è necessaria la creazione di una filiera nazionale per il recupero dei metalli che abbia una tracciabilità nell’estrazione dei metalli, preferibilmente con processi a ridotto impatto ambientale. Tema che si innesta proprio nella gestione di Raee e di come preservare la ricerca di materie prime di difficile reperimento.

«Con la conferenza di oggi Vsf continua a valorizzare e creare consapevolezza attorno a settori innovativi emergenti e le loro ricadute sulla socio-economia veneta. Serve capire a fondo quali siano le potenzialità che il territorio può esprimere, compatibilmente con le capacità di sopportazione del territorio stesso. Ad esempio, da un dibattito avviato lo scorso anno con la conferenza sulla space economy, abbiamo prodotto, insieme al socio Bcg, uno studio sulle prospettive di sviluppo di tale settore in Veneto. Lo “urban mining” si configura quindi come una risposta innovativa e sostenibile alla crescente domanda di materie prime critiche. Venezia e il Veneto possono avere un ruolo di rilievo in questo settore», ha commentato il direttore Vsf Alessandro Costa.

«A Porto Marghera l’Ecodistretto è già una realtà. Si tratta di una superficie di circa 15 ettari all’interno della zona industriale, precedentemente bonificata, dedicata all’industrializzazione dell’economia circolare. In quest’area, oltre al più moderno recupero energetico e alla selezione e riciclo di plastica, vetro, polistirolo, del recupero ingombranti e dei metalli, stanno prendendo vita nuove attività industriali all’avanguardia come il riciclo dei pannelli fotovoltaici dismessi. Inoltre, grazie all’iniziale contributo del ministero dell’Ambiente e dello sviluppo energetico e del Comune di Venezia che hanno fatto partire un campo prove, sono state avviate iniziative sperimentali di bioraffineria o mirate al recupero del litio dalle batterie e delle terre rare presenti in molti dispositivi elettronici. Sono attività che non solo fanno bene all’ambiente, perché ci consentiranno di evitare l’estrazione di materie prime, ma che rispondono ai principi dell’economia del riciclo e riutilizzo dei materiali di scarto», dichiara il direttore generale di Veritas, Andrea Razzini.

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