Gli scarti delle lavorazioni lapidee diventano materia prima per la sua costruzione. Il progetto è stato sviluppato al Politcnico di Bari, con la partecipazione della startup pugliese “B&y” e l’azienda specializzata Wasp. Il ponte, autoportante, ecosostenibile, ha una luce di sette metri. Il Comune di Valledolmo, in Sicilia, interessato alla costruzione
Passato e futuro, tradizione e nuove tecnologie, votate alla sostenibilità e all’economia circolare, possono trasformare lo scarto in risorsa. E quello prodotto dalle lavorazioni lapidee diventa nuova materia prima per l’arte del costruire. Un’alleanza importante per regioni come la Puglia, secondo bacino estrattivo italiano con quattro aree produttive diverse: Apricena, Trani, Fasano-Ostuni e Lecce e relativo indotto.
L’alleanza, messa in evidenza dalla stereotomia, l’arte della geometria e del taglio dei conci per costruzioni, ha trovato nelle nuove tecnologie delle stampanti di grandi dimensioni in 3D un importante alleato. Proprio la stereotomia (dal greco, Στερεός “solido” e Τομή “taglio”), e relative applicazioni in ambito 3D, vanta nel Politecnico di Bari una ventennale esperienza. Studi, sperimentazioni, prototipi, prodotti, hanno fiancheggiato nel corso del tempo una tecnologia che conosciuto una rapida evoluzione.
“Stereotomia e prime applicazioni in 3D è stato il tema della mia tesi di dottorato di ricerca (titolo, Il paradigma stereotomico nell’arte del costruire 2003) al Politecnico di Bari”, dice Giuseppe Fallacara, oggi ordinario di progettazione architettonica presso il Dipartimento di Architettura (Arcod) dello stesso ateneo e coordinatore del dottorato, “Progetto per il patrimonio: Conoscenza, Tradizione e Innovazione”. Nel corso dei due decenni – aggiunge – molte tesi di laurea e di dottorato dedicate al tema, hanno costruito, anche in collaborazione con altre sedi universitarie estere, un percorso di conoscenza scientifica di assoluto rilievo”.
In questo percorso di ricerca e formazione figura il progetto, “da Vinci’s Bridge”. Si tratta della costruzione, mediante stereotomia abbinata alla stampa 3d di grandi dimensioni e l’uso di materiali eco-responsabili, di un ponte pedonale.
Il progetto è stato dedicato al grande Maestro del Rinascimento, Leonardo che propose nel 1502 al Sultano di Istanbul, Bayezid II la costruzione di un colossale ponte (mai realizzato) sul Bosforo.
Progetto e costruzione ha impegnato il team Poliba composto da prof. Giuseppe Fallacara, arch. Ilaria Cavaliere, arch. Angelo Vito Graziano (FabLab Poliba), ing. Claudio Gallo, arch. Francesco Ciriello con la collaborazione della startup di Gravina in Puglia, B&y, (co-finanziatrice di una borsa di dottorato di ricerca) dott. Vincenzo Gurrado, e dell’azienda specializzata in grandi stampanti 3D, Wasp di Massa Lombarda (Ra).
Dopo oltre un anno è stato completato il prototipo, primo esempio italiano, di struttura ecosostenibile, autoportante con utilizzo di materiali innovativi derivati da scarti di lavorazione. Per la sua costruzione è stata impiegata una malta a basso impatto ambientale composta da polveri lapidee di scarto e un legante a base di geocalce. “Questa soluzione capace di trasformare i residui di lavorazione in soluzioni sostenibili per la stampa 3D, ha dimostrato le potenzialità del riutilizzo dei materiali di scarto nel settore delle costruzioni e del design” – aggiunge Fallacara.
Con una luce di 7 m il “da Vinci’s Bridge”, rappresenta uno dei risultati più rilevanti finora raggiunti per queste proporzioni e con questa tecnologia e colloca il Poliba tra le poche università al mondo attive nel campo della stampa 3D applicata all’architettura, accanto a istituzioni come l’Eth di